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Lo sguardo di Gesù ci invita.....
Marco 12, 38-44
Nel suo insegnamento egli diceva: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, i saluti nelle piazze, i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; che divorano le case delle vedove e fanno lunghe preghiere per mettersi in mostra. Costoro riceveranno una maggiore condanna».
E Gesù sedutosi di fronte alla cassa delle offerte, guardava come la gente metteva denaro nella cassa; molti ricchi ne mettevano assai.
Venuta una povera vedova, vi mise due spiccioli11, che fanno un quarto di soldo12.
Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa delle offerte più di tutti gli altri:
poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, ma lei, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere».
C’è stato un tempo, in cui era più facile predicare sulle invettive di Gesù verso i Farisei. Si separava Gesù dal suo contesto ebraico, ci si metteva al posto suo, e si coglieva l’occasione per denunciare il potere arrogante, l’ipocrisia dominante.
Da parte protestante, soprattutto in Italia, si poteva prendere come modello di questo fariseismo attuale il mondo cattolico. O, in altri tempi, il potere politico corrotto che “divora le case delle vedove”. Ma i contesti, in cui viviamo e in cui ascoltiamo la Parola, cambiano e cambia anche la nostra predicazione.
Questo cerca di insegnare la Facoltà. Per esempio, oggi siamo più attenti al fatto che Gesù era ebreo, e probabilmente anche un fariseo lui stesso, sebbene povero. Ebrea era anche la vedova ed ebrei i discepoli di Gesù. Stavano tutti nel cortile del Tempio non a osservare come dall’esterno, ma a partecipare al culto, alla lode a Dio, che lì si svolgeva con i riti del tempo.
La cassa della raccolta del denaro era lì come parte dell’organizzazione del culto. Mettervi qualcosa dentro, tanto o poco, era un modo di partecipare al culto, di sentirsi coinvolti in prima persona. Un atto che ti faceva diventare responsabile del modo in cui i soldi venivano spesi. Anche del potere; oggi sappiamo come esso si innesta nelle nostre vite, e come e quanto ne possiamo essere complici.
Che il Tempio fosse diventato un luogo centrale di ricchezza nell’economia di Israele è un dato storico.
Quando Gesù parla di abbattere il Tempio, attacca il potere economico del suo tempo. Un potere che si appoggia su quel ceto di gente corrotta che coglie ogni occasione per garantire i propri interessi.
Per esempio, per proteggere le vedove, la parte più fragile della società, la legge prevedeva la nomina di tutori. Non c’è da stupirsi che questi vedessero in tale legge una possibilità di arricchirsi, invece di fare gli interessi di esse.
Il mantenere le donne in una posizione di minorità, senza il diritto di rappresentare il proprio interesse, ha gravato a lungo anche nella società italiana. Ho in mente una nobile padovana legata alla Riforma protestante del ‘500, che lottò tutta la vita senza successo per riavere il suo patrimonio, perduto per la sua vedovanza.
Gesù vede bene questo tipo di sopruso e lo denuncia. Denuncia chi fa della mediazione e della tutela un potere che prevarica gli altri. Un potere che vuole usare l’altro come merce, un numero, una risorsa, e non una persona con desideri propri e la propria dignità.
Perciò stupisce che Gesù lodi la vedova che porta denaro a una istituzione che sta per finire, sottoposta al giudizio di Dio (“Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata” Marco 13,2).
Di fronte al gesto della donna, abituata a essere invisibile, Gesù sente la forza del dono. Lei dà “tutto quello che aveva per vivere”, come poco dopo Gesù stesso darà la sua vita. La vedova annuncia quello che Gesù sta per fare, il dono della vita, il farsi povero affinché noi potessimo diventare ricchi.
Con questo piccolo gesto la vedova afferma che anche lei conta, che fa parte del popolo di Dio, che si fa carico della responsabilità che il tempio riveste per guidare la lode a Dio.
Lei, che è doppiamente esclusa: come donna, non ha neppure accesso a tutti i luoghi del Tempio; come vedova, non ha diritti giuridici; come povera, infine, non è considerata. E’, a tutti gli effetti, uno scarto, una marginale, una disprezzata o, al massimo, una compatita. Gesù, invece, riconosce in lei un progetto, una soggettività libera, la generosità che non calcola, il tipo del Messia.
E’ Gesù che la rende visibile – lei era invisibile, il suo gesto era minimo, l’impatto sul potere arrogante del Tempio praticamente nullo.
Gesù chiama, invece, i suoi discepoli per sottolinearne il gesto.
Gesù insegna a guardare il mondo a partire dai soggetti più fragili, invisibili, marginali.
Quando la Facoltà insegna a leggere la Bibbia e la storia a partire dai subordinati (donne, migranti, omosessuali, colonizzati di prima e di ora) fa questa stessa operazione di buon senso.
Lì soffia lo Spirito. E’ ciò che fa la Facoltà Valdese, per esempio, con il suo “master interculturale”. E’ anche ciò che la Facoltà Valdese apprende da un grande maestro come Dietrich Bonhoeffer che scrive questo pensiero durante la lotta contro un regime razzista:
“Resta un’esperienza di eccezionale valore l’aver imparato infine a guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei sospetti, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e dei derisi, in una parola dei sofferenti. Se in questi tempi l’amarezza e l’astio non ci hanno corroso il cuore; se dunque vediamo con occhi nuovi le grandi e piccole cose, la felicità e l’infelicità, la forza e la debolezza; e se la nostra capacità di vedere la grandezza, l’umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile; se, anzi, la sofferenza personale è diventata una buona chiave, un principio fecondo nel rendere il mondo accessibile attraverso la contemplazione e l’azione; tutto questo è una fortuna personale. Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni; e nell’accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più alta, il cui fondamento sta veramente al di là del basso e dell’alto” (Natale 1942 “Lo sguardo dal basso”.
Ma, come Chiesa e Facoltà Valdese, lo apprendiamo anche dalla pratica della diaconia, che ci fa entrare in contatto con i due soggetti, di cui parla Gesù: sia chi oggi usa il potere per arricchirsi, e le persone che ha in carico come una possibilità di manovra; sia la donna povera che cerca comunque di esprimere la sua libertà di scelta, e che, donando, si apre all’altro.
Una donna senza alcun valore ci guida oggi verso la croce, verso la vita donata da Gesù senza riserve. Per Gesù ciò che lei fa diventa prezioso, annuncia un modo diverso di vita. Per un momento non importa la corruzione del Tempio o l’ambiguità della società, ma il suo forte desiderio di partecipare, questo senso radicato in lei di essere parte del popolo di Dio, creata a immagine di Dio, creatura libera e capace del gesto più importante che è il dono e la condivisione.
Lo sguardo di Gesù ci invita a prendere anche noi quel nostro frammento di responsabilità nella gestione del bene condiviso. A saper vedere la dignità di chi è reso invisibile. A seguire la via dell’apertura all’altro, che conduce alla croce.
Pastora Letizia Tomassone Predicazione 19 Marzo 2017 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze
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